La crisi del settore automotive sta travolgendo gli stabilimenti Stellantis in Italia, ma è tutta colpa della transizione alla mobilità elettrica?
Certamente no. Vi sono responsabilità gravi di Stellantis, che ha scelto di marginalizzare la produzione negli stabilimenti italiani, dei governi e persino dei sindacati concertativi che dal “ricatto” di Marchionne nel 2010 hanno collaborato allo smantellamento delle produzioni in Italia, ignorando le politiche aziendali di progressivi e persistenti investimenti in altri paesi, limitandosi alla ricezione acritica delle promesse di nuovi modelli, senza garanzie occupazionali per i lavoratori ed il governo italiani.
Il quadro attuale è complicato per le scelte politiche che hanno preferito finanziare con 13 miliardi di €, la rincorsa agli armamenti, un’economia di guerra, condannando l’automotive in Italia all’estinzione: ultimo colpo inflitto dal governo Meloni il taglio dei fondi europei pari a € 4,6 miliardi destinati alla transizione energetica per contrastare nei prossimi anni i disastri socio-ambientali conseguenti la crisi climatica.
Si assiste da mesi allo stucchevole scontro tra governo e Stellantis che, come consuetudine storica, chiede di socializzare la crisi per preservare i profitti, continuando a riservare dividendi miliardari agli azionisti.
A pagarne il conto, come al solito, sono i lavoratori con netta riduzione dei salari provocata dalla cassa integrazione mensile, utilizzata anche in modalità discriminatoria nei confronti degli operai fragili o sindacalmente scomodi e le migliaia dell’indotto e delle ditte appaltanti che già da tempo subiscono la politica Stellantis di efficientamento con taglio dei costi.
È sempre più evidente il rischio di ulteriori ridimensionamenti o chiusure dei siti italiani, la vicenda della Gigafactory di Termoli è emblematica delle ambiguità Stellantis, non è escluso lo stabilimento di Atessa, considerate le scelte di delocalizzazione produttiva dei veicoli commerciali leggeri che privilegiano gli stabilimenti gemelli in Polonia e in Francia per la futura realizzazione di furgoni alimentati ad idrogeno.
La nascita dello stabilimento in VaI di Sangro a fine anni ‘70 è stata determinata dalla caparbietà e lungimiranza dei lavoratori e dei cittadini contribuenti abruzzesi, resistenti e contrari, al progetto di un polo petrolchimico, i quali oggi con la stessa ostinazione pretendono garanzie future a tutela dell’interesse collettivo e socio economico per evitare la desertificazione di intere comunità.
La transizione durerà decenni e richiederebbe provvedimenti a tutela dei lavoratori quali riduzione dell’orario lavorativo settimanale a parità di salario, ammortizzatori sociali che coprano il 100% delle retribuzioni, una legge stringente sulle delocalizzazioni, incentivi statali a garanzia dei livelli occupazionali futuri. Ai lavoratori non resta che la lotta, le rassicurazioni e la pretesa di ulteriori concessioni di infrastrutture logistiche del CEO Stellantis sollecitate ed accolte, senza garanzie industriali ed occupazionali, periodicamente dal presidente della regione Abruzzo Marsilio non bastano né rassicurano.
Sciopero di 8 ore venerdì 8 novembre 2024 su tutti i turni
Conferenza stampa con presidio davanti ai cancelli Stellantis
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