Sulmona, iniziano i lavori per il gasdotto “Rete Adriatica” nonostante i possibili ritrovamenti archeologici.

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Sulmona, Case Pente, cantiere SNAM (ott. 2024)

Il Ministero della Cultura ha recentemente autorizzato a Case Pente (Sulmona, AQ) l’avvio dei lavori concernenti il progetto della centrale di compressione del gas naturale del Gruppo Snam s.p.a., a servizio del gasdotto “Rete Adriatica”, noto come il gasdotto dei terremoti, visto che – incredibilmente – va a attraversare pesantemente buona parte dell’Appennino, fra le are a maggior rischio sismico d’Europa.

L’autorizzazione all’avvio dei lavori riguarda l’area dove non sono stati effettuati – per ora – ritrovamenti archeologici.

Nei mesi scorsi la Soprintendenza per Archeologia, Belle Arti e Paesaggio dell’Aquila aveva risposto (nota prot. n. 9480 del 24 giugno 2024) all’istanza (28 maggio 2024) dell’associazione ecologista Gruppo d’Intervento Giuridico (GrIG) finalizzata alla tutela dell’area di Casa Pente (Sulmona) con il vincolo culturale (artt. 10 e ss. del decreto legislativo n. 42/2004 e s.m.i.), nonché l’emanazione di misure preventive e cautelari per i beni culturali interessati.

La Soprintendenza aquilana aveva reso noto che “sono state avviate, a marzo 2023, le indagini di archeologia preventiva … nell’area in loc. Case Pente, interessata dalla realizzazione del ‘Progetto centrale di compressione gas e quattro linee collegamento’ da parte di Snam Rete Gas, in ottemperanza alle prescrizioni riportate nel Decreto VIA n. 70 del 7-3-2011”.  

Lo svolgimento di tali indagini ha portato, fra l’altro, all’individuazione di un edificio rustico “al momento parzialmente riportato alla luce” da tutelare e conservare “mediante l’integrale mantenimento in situ”, come già disposto dalla Soprintendenza stessa.

Sulmona, Case Pente, rinvenimenti archeologici

Essendo ancora in corso le analisi del caso, “ulteriori prescrizioni saranno incluse nei provvedimenti di assoggettamento a tutela dell’area interessata dal rinvenimento, a seguito di avvio del procedimento di dichiarazione di cui agli articoli 12 e 13 del D. Lgs. 42/2004, che è intenzione di questa Soprintendenza intraprendere al termine delle indagini complete dell’edificio la cui estensione ricade anche in area non ricompresa tra quelle di proprietà di Snam Rete Gas. Non sarebbe infatti funzionale alle esigenze di tutela l’apposizione di un vincolo parziale di un complesso esistente e noto, escludendone le porzioni non ancora indagate”.

Si deve, quindi, attendere l’individuazione di un’area da tutelare con vincolo culturale ben più ampia dei ritrovamenti oggi visibili e, in ogni caso, “i beni archeologici, una volta riportati alla luce, sono comunque tutelati per legge e sottoposti alle misure del Codice dei Beni Culturali, anche in assenza di un provvedimento espresso; eventuali interventi dovranno sempre essere autorizzati ai sensi degli artt. 21 e 22 del D. Lgs. 42/2004”.

cantiere gasdotto

Insomma, a breve dovrebbe esserci un’efficace tutela del patrimonio culturale dell’area.

Si ricorda che nella zona di Case Pente, in Comune di Sulmona, nel corso del tempo sono state rinvenute  durante l’effettuazione di lavori stradali (anni ‘60 e ‘70 del secolo scorso) diverse sepolture di epoca romana (III-IV sec. d.C.) e l’iscrizione nota come dei Callitani, oggi esposta al Museo Archeologico di Sulmona, nelle vicinanze (Colle Macerre) altri sarcofaghi di epoca romana, mentre sono presenti la Chiesetta rupestre di S. Angelo in Vetulis, fra i più antichi esempi dell’architettura e dell’arte alto-medievale in Abruzzo, e, nella contigua Valle del Torrente Vella, un possente muro di terrazzamento di epoca risalente con i resti di un’articolata e ampia struttura di epoca romana, probabilmente una villa del I sec. a. C., una parte della quale venne trasformata nella Chiesetta rupestre di San Leopardo.

Negli anni scorsi (nota prot. n. 6949 del 28 agosto 2008) l’allora Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Abruzzo aveva espresso forte contrarietà nei confronti dell’apertura di una cava in loc. Case Pente, “in quanto i lavori di estrazione verrebbero a interferire pesantemente con un complesso archeologico fra i più importanti e inediti dell’area peligna, che cela i resti di un insediamento vasto e articolato, con tracce della viabilità, dell’abitato, della necropoli”.

Tuttavia, l’avvio dei lavori non può che provocare alta preoccupazione per gli elevatissimi valori naturalistici, paesaggistici e storico-culturali dell’area, nonché per la sicurezza pubblica, a causa di un’opera che finirà per causare scempi ambientali e finanziari, nonché una permanente situazione di pericolo per la collettività.

Gruppo d’Intervento Giuridico (GrIG)

tracciato progetto gasdotto “Rete Adriatica” e rischio sismico (elaborazione Il Fatto Quotidiano su dati I.N.G.V.)

IL PROFITTO UCCIDE LA STORIA

LE RUSPE DELLA SNAM, SU AUTORIZZAZIONE DEL MINISTERO DELLA CULTURA, HANNO DISTRUTTO LE   TRACCE DI UN VILLAGGIO DI 3.500 ANNI FA: UN VERO PROPRIO CRIMINE STORICO E CULTURALE. LA TUTELA DEI BENI ARCHEOLOGICI SUBORDINATA AGLI INTERESSI DELLA MULTINAZIONALE DEL GAS.

A Case Pente erano state scoperte le tracce di un villaggio risalente all’età del bronzo, che testimoniavano come la piana di Sulmona fosse abitata fin da tempi antichissimi. Questa testimonianza ora non c’è più, è stata cancellata per sempre dalle ruspe della Snam. Ad autorizzare questo crimine storico e culturale è stato il Ministero della Cultura (!) il quale ha ritenuto che la costruzione della centrale Snam debba prevalere sulla tutela di un bene di eccezionale importanza qual’era un abitato di 3.500 anni fa.Un crimine che si è consumato nel silenzio assoluto dei nostri rappresentanti politici, nonostante che come Comitati avessimo lanciano ripetutamente l’allarme su quanto rischiava di accadere.L’amministrazione comunale di Sulmona è complice di questo scempio perché, da quando nel marzo 2023 sono iniziati gli scavi di archeologia preventiva, ha mostrato il più totale disinteresse sui ritrovamenti archeologici nell’area di Case Pente. Eppure Sulmona si fregia del titolo di “città d’arte” e si accinge a tenere gli “stati generali della cultura”!

Da noi lo Stato impone la distruzione del nostro patrimonio archeologico e chi è stato eletto per difenderlo sta zitto. Altrove, invece, lo stesso patrimonio viene tutelato e valorizzato. Come ad esempio a Modena, dove a Terramare di Montaleda 20 anni esiste un Parco archeologico con museo all’aperto. Nel Parco è stata ricostruita parte del villaggio, arredata come 3.500 anni fa. Il Parco, dove si svolgono esperienze educative per le scuole, è frequentato ogni anno da 15.000 persone.

L’assurda decisione del Ministero della Cultura, avallata dalla Soprintendenza Archeologica regionale, viola la stessa normativa in materia (D.lg. 31 marzo 2023, n. 36, nuovo Codice dei contratti pubblici) la quale stabilisce che quando i reperti rinvenuti sono “leggibili come complesso strutturale unitario” essi vanno mantenuti in situ, potendosi configurare la “radicale incompatibilità dell’opera prevista con il contesto connotato dalla presenza delle testimonianze”. In questo caso va individuata una soluzione alternativa all’insediamento dell’opera.

Ginestra (Genistae)

Che l’area archeologica di Case Pente sia da considerarsi come un “unicum” non vi sono dubbi. Tra Settecento e Ottocento vi fu rinvenuto il sarcofago di età romana contenente le spoglie di Numisina. Altri importanti reperti, tra cui quattro dolia (grandi vasi per la conservazione di cibo e bevande), furono rinvenuti ad opera dello studioso Antonio De Nino nel 1887. Nel corso del ‘900 numerosi furono i ritrovamenti, come la nota iscrizione in pietra detta “dei callitani” conservata nel Museo di Palazzo dell’Annunziata a Sulmona, sepolture a fossa di epoca precristiana e tombe di epoca tardoantica (III e IV secolo). Ad essi va aggiunta la chiesetta di S. Angelo in Vetulis, sulle pendici di Colle Macerre.Gli scavi avviati nel marzo 2023 e tutt’ora incorso hanno portato alla luce altri notevoli ritrovamenti che vanno ad arricchire il patrimonio archeologico di Case Pente e che confermano il suo carattere di “complesso strutturale unitario”: oltre alle tracce del villaggio dell’età del bronzo è emersa una necropoli con più di cento tombe, resti di mura relative a costruzioni di epoca romana e italica, una struttura termale dell’età romana, un doliume un’antica strada pastorale. E tutto lascia ritenere che nei terreni circostanti l’area Snam vi siano ancora importanti reperti sepolti.

E’ doveroso ricordare che fu proprio la Soprintendenza Archeologica regionale – quando nel 2008 negò l’apertura di una cava alla Lafarge Cementi – ad evidenziare che quello di Case Pente è “un complesso tra i più importanti e inediti dell’area peligna, che cela i resti di un insediamento vasto e articolato, con tracce della viabilità, dell’abitato, della necropoli. La tutela di tale contesto storico impone la non alterabilità dello stato di fatto”.

E’ tollerabile che il valore storico e archeologico di Case Pente debba scomparire come d’incanto di fronte alla prepotenza della Snam?  E’ ammissibile che l’interesse generale debba soccombere rispetto agli interessi della multinazionale del gas? Siamo al rovesciamento dello Stato di diritto, anzi di fronte alla sua capitolazione. Il profitto sta uccidendo la nostra storia. Per di più per un’opera, la centrale Snam, che è totalmente inutile. Ribelliamoci a questa follia!

Sulmona, 16 ottobre 2024.

Comitati cittadini per l’ambientePer il clima Fuori dal fossile

Sulmona, manifestazione contro il gasdotto “Rete Adriatica”

(foto per conto GrIG,S.D., archivio GrIG )

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