La Colombia è un Paese che basa una bella fetta della sua economia sullo sfruttamento delle fonti fossili. Secondo una logica da tempi normali e da business as usual, l’ultima cosa che dovrebbe venire in mente a chi la governa è un futuro senza fossili. Del resto è quello che fanno praticamente tutti i Paesi forti produttori di fossili: manco ci pensano. Semmai pianificano aumenti di produzione, ad esempio con le loro compagnie di oil&gas statali, come nel caso di ADNOC-Abu Dhabi National Oil Company, il cui CEO è stato il presidente della COP28 (sic!).
Ma non siamo in tempi normali. Siamo nell’era del collasso climatico conclamato, dell’ebollizione globale, del business as urgent: lo nega solo chi non ha la minima considerazione per le generazioni future. In modo patetico, grottesco, irresponsabile, disumano, criminale.
Allora, almeno in parte, te lo spieghi. Ti spieghi perché c’è qualcuno che in posizione di comando riesce a pensare in modo diverso. Che poi è il modo razionale, di buon senso, lungimirante, di porsi di fronte alla crisi climatica. Perché “i radicali veramente pericolosi sono i paesi che stanno aumentando la produzione di combustibili fossili” (Antonio Guterres dixit).
Climate activists are sometimes depicted as dangerous radicals.
But the truly dangerous radicals are the countries that are increasing the production of fossil fuels.
Investing in new fossil fuels infrastructure is moral and economic madness.
— António Guterres (@antonioguterres) April 5, 2022
In posizione di comando in Colombia dal 2022 c’è Gustavo Petro, primo Presidente colombiano di sinistra (guarda caso). A lui stanno guardando in molti a livello internazionale come a un ambasciatore delle generazioni future di cui sopra. Un alfiere del nuovo mondo che inevitabilmente – se vogliamo avere un futuro – verrà, è solo una questione di tempo, anche se proprio il tempo è ciò che non abbiamo perché ne abbiamo buttato via troppo. Chissà cosa penseranno di noi quelli che calcheranno questo pianeta tra 2-300 anni, o anche solo fra 100 o 50 anni: probabilmente che eravamo vittima di qualche bug di specie, visto che ci siamo ostinati a perseverare in un modello di sviluppo che, lo sapevamo con certezza da decenni, ci avrebbe scavato la fossa. Altro che homo sapiens sapiens!
Ma cos’avrà fatto mai, Gustavo Petro? Ecco una breve lista non esaustiva. La presentiamo, a beneficio soprattutto dei bipedi di più dura cervice che ci stanno sempre tanto a cuore, in formato elenco puntato, perché pare vada per la maggiore nei primissimi anni di scuola primaria per far comprendere anche ai meno attenti, o svegli, i contenuti basic di un testo (ma già in terza elementare sarebbe un metodo superato, dicono):
– in corsa per la Presidenza, con le proposte sul clima del suo “Pacto Historico”, Petro aveva raccolto il sostegno di un vasto gruppo di esperti e personaggi di levatura internazionale fra i quali Naomi Klein, Vandana Shiva, Noam Chomsky (i primi che passavano, insomma…). Sostegno che nel maggio 2022 aveva preso la forma di una lettera aperta intitolata “A Fossil Free Colombia”;
– al WEF 2023, la ministra dell’Energia del governo Petro ha annunciato lo stop a nuove autorizzazioni per estrarre petrolio e gas (mentre noi ripartiamo con le trivelle in Adriatico, per la serie “trova le differenze”…);
– ad agosto 2023 la Colombia ha aderito a BOGA-Beyond Oil & Gas Alliance, iniziativa partita alla COP26 di Glasgow su impulso di Danimarca e Costarica per accelerare il phase-out delle fossili (c’è dentro anche l’Italia, per la verità, ma non s’è mai esattamente capito per fare che cosa e anche con che faccia ci stiamo ancora dentro, viste ad esempio le trivelle di cui sopra per tacer di altro);
– il Senato colombiano ha passato una mozione per mettere al bando il fracking del gas, contestatissimo perché altamente impattante e pericoloso;
– in vista di COP28, a Petro (non, per dire, all’argentino turboliberista “motosega” Milei così caro all’Fmi, strano eh?!) scienziati e leader della giustizia climatica mondiali hanno indirizzato (di nuovo) una lettera per incoraggiare la Colombia a vietare definitivamente il fracking e ad aderire al #FossilfuelTreaty l’iniziativa per un Trattato globale di Non-Proliferazione dei combustibili fossili;
– …cosa che Petro ha puntualmente fatto, annunciando alla COP28 l’adesione della Colombia, primo Paese latino-americano e più grande produttore di fossili ad aderire;
– al WEF 2024 ha ribadito il sostegno al #FossilfuelTreaty e ha rilanciato parlando della necessità di creare una “non proliferation zone” in Amazzonia, di cui si discuterà verosimilmente alla COP16 sulla biodiversità in programma proprio in Colombia a ottobre
– sempre a gennaio l’incontro in Vaticano con Papa Francesco (tra l’altro, pare, cordialissimo) col quale ha discusso della possibilità di stabilire un’alleanza con lo Stato del Vaticano per accrescere il supporto al #FossilfuelTreaty e realizzarlo.
More of this, please: altri dieci, cento Presidenti come Petro! Abbiamo bisogno di una climate leadership come questa per pensare ma prim’ancora per sperare che di fronte alla crisi climatica che monta, che crea angoscia e paralizza, possiamo farcela, che “Sì, se puede”. A esprimerla bastano forse queste parole: “La foresta amazzonica vale di più del petrolio che ci sta dentro, è la vita. Il petrolio è la morte. È molto semplice”. E chi le avrà mai pronunciate?
PS: Gustavo Petro ha suggerito di assegnare il premio Nobel per la Pace al team legale del Sudafrica che ha denunciato Israele davanti alla Corte Internazionale di Giustizia per genocidio a Gaza (questione su cui Petro twitta frequentemente e in maniera inequivoca, ad esempio qui). Ma questa è un’altra storia. O forse no.
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