Un piano industriale rinnovabile, un’occasione da non perdere per l’Italia

1 year ago 142

Il processo di decarbonizzazione rappresenterebbe l’unico motore di sviluppo industriale del Paese.

Uso il condizionale per la recente incapacità italiana di programmare piani industriali e per la scarsa convinzione di voler raggiungere gli obiettivi europei sulla decarbonizzazione.

L’assenza di una visione strategica sulla transizione ecologica farà perdere posizioni al sistema Paese, con risvolti economici e sociali che potrebbero diventare critici.

In questo caso, la necessità è quella di considerare tutte le tecnologie che compongono il tema della mitigazione del cambiamento climatico, con particolare riferimento all’uso delle rinnovabili e dell’efficienza energetica.

Il documento di riferimento dovrebbe essere il FitFor55 dell’Europa, aggiornato con le più stringenti disposizioni di affrancamento dal gas russo del REPowerEU, che stabilisce gli obiettivi sulle emissioni, sulla quota rinnovabile e dell’efficienza e sulla proiezione data alla penetrazione del vettore elettrico.

Per esempio, il 72% di elettricità da rinnovabili impone riflessioni di prospettiva legate ai nuovi posti di lavoro, a quelli di ricollocamento e alle filiere in Italia.

Qui, la criticità riguarda il settore della generazione dell’energia e dell’automotive, per non subire decisioni di aziende estere che stanno già ora organizzandosi.

Il caso automotive è quello che è più rilevante in termini d’investimenti e di creazione dei posti di lavoro: la riduzione delle emissioni del 55% per le autovetture e del 50% per i furgoni al 2030, anticipa a livello industriale il phase out dell’endotermico fissato al 2035.

Se a ciò aggiungiamo che sull’elettrico sono stati decisi investimenti a livello mondiale per 1,3 trilioni di dollari è chiaro che l’industria ha già deciso.

Occorre completare le decisioni delle aziende coinvolte – la stessa Stellantis pur nella propria contrarietà all’accelerazione impressa alla motorizzazione elettrica, ha programmato di investire 35,5 miliardi di euro, un terzo del quale sui veicoli elettrici – in un quadro complessivo di sviluppo nazionale.

Si tratta di una sfida ardua per un Paese come l’Italia, in ritardo sulle installazioni d’impianti rinnovabili e incapace di cogliere e organizzare le spinte autonome di imprenditori che vogliono credere in tale sviluppo.

Gli esempi di EnelGreenPower a Catania con i 3 GW/anno di pannelli bifacciali prodotti e Stellantis a Termoli con la produzione di 10 GWh/anno di batterie elettriche, non dovrebbero essere isolati.

La riconversione produttiva delle attività oil&gas riguarda la componentistica e i sistemi, ma anche reskill e upskill sulla manutenzione e gestione per i quali il nostro livello di preparazione è basso o comunque sotto la media internazionale.

L’industria italiana deve modificare quanto registrato negli ultimi decenni, quello di un’evoluzione caratterizzata dall’adeguamento degli operatori alla totale mancanza di programmazione dei decisori politici e di governo.

Si ritiene necessaria la creazione di un contesto favorevole alla riconversione di tutti i settori impegnati nel processo di decarbonizzazione, attraverso misure volte a ridurre la frammentazione del sistema produttivo, con formazione di joint venture, consorzi e acquisizione di imprese minori da parte di quelle più grandi.

Al riguardo, le imprese dotate di un management in grado di gestire la transizione in atto possono proporsi come poli di aggregazione, a partire da quelle di minore dimensione che non sarebbero in grado di far fronte alla riconversione.

L’articolo di Livio De Santoli (presidente del Coordinamento FREE) è stato pubblicato sul n.5/2022 (nov-dic – estratto) della rivista bimestrale QualEnergia.

Gli abbonati QualEnergia.it PRO possono scaricare la versione integrale del n.5/2022 della rivista bimestrale cliccando qui

Read Entire Article