UNA GUERRA CHE DEVE FINIRE

1 year ago 73

di Gilbert Achcar

Ucraina: questa nuova guerra fredda deve finire prima che il mondo si trovi di fronte all’Armageddon

Un anno di guerra e la Russia è ancora impantanata nella sua seconda invasione del territorio riconosciuto internazionalmente del suo vicino – che si è rivelata molto più sanguinosa e devastante della prima a causa della resistenza incomparabilmente più forte da parte dell’Ucraina.

La dimensione internazionale della guerra è stata drammaticamente enfatizzata dalla recente visita del Presidente degli Stati Uniti Joe Biden in un Paese in cui non vi è alcuna concentrazione di truppe statunitensi. I Paesi della NATO stanno aumentando il loro sostegno all’Ucraina, nonostante tutte le speculazioni sulla stanchezza che si sta insinuando tra di loro.

Mentre Pechino si appresta a presentare un piano di pace, consultando preventivamente Mosca, visto che i due Paesi sono verosimilmente legati da una “amicizia senza limiti”.

Il recente discorso di Vladimir Putin non ha offerto alcuna prospettiva di pace, incolpando invece l’Occidente per il conflitto: “Loro [l’Occidente] hanno iniziato la guerra. E noi abbiamo usato la forza e la stiamo usando per fermarla”.

Per capire come il mondo sia arrivato a questa pericolosa congiuntura – e per formulare un giudizio il più possibile equo al riguardo – dobbiamo innanzitutto considerare la prospettiva storica. Esistono fondamentalmente due descrizioni contrastanti della catena di eventi che ha portato all’invasione russa dell’Ucraina il 24 febbraio 2022.

Vista dal Cremlino

Una descrizione – che chiameremo versione filorussa – presenta l’invasione come la reazione di Mosca a tre decenni di invasione occidentale guidata dagli Stati Uniti nella sua ex sfera di dominio, come parte di una spinta statunitense all’egemonia globale.

I due principali cicli di allargamento della Nato verso est sono stati percepiti dalla Russia come gesti ostili e provocatori. Tanto più che la Russia stessa non è mai stata invitata a far parte dell’alleanza la cui ragion d’essere è stata proprio quella di contrastarla dopo la seconda guerra mondiale. La Polonia, l’Ungheria e la Repubblica Ceca sono state ammesse come Stati membri della Nato nel 1999, sullo sfondo della prima guerra guidata dagli Stati Uniti dalla fine della guerra fredda che ha aggirato il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, violando così il diritto internazionale: la guerra in Kosovo.

Nel 2004 sono stati integrati nella Nato altri sei Stati precedentemente dominati dalla Russia (insieme a un settimo appartenente all’ex Jugoslavia) (1) tra cui tre ex repubbliche sovietiche: i tre stati baltici: Lettonia, Lituania ed Estonia.

Questa volta lo sfondo è stato l’invasione dell’Iraq guidata dagli Stati Uniti, iniziata l’anno precedente, che ha aggirato ancora una volta il Consiglio di sicurezza dell’ONU e ha costituito l’ennesima violazione del diritto internazionale da parte di Washington.

L’anno precedente, George W. Bush aveva unilateralmente cancellato il trattato anti-missili balistici con grande disappunto di Mosca. Così, quando al vertice Nato di Bucarest del 2008 ha insistito nel promettere l’adesione alla Georgia e all’Ucraina, Vladimir Putin si è sentito in dovere di agire prima che la Russia si trovasse a condividere un lungo confine con un’alleanza nordatlantica ostile.

Gli eventi in Georgia nel 2008 e in Ucraina nel 2014 ne sono stati la conseguenza. Putin ha infine ordinato l’invasione dell’Ucraina nel tentativo (fallito) di ottenere un “cambio di regime” in quel Paese, come gli Stati Uniti avevano tentato e fallito in Iraq.

La versione della Nato

La descrizione opposta – che chiameremo versione della Nato – dipinge l’invasione russa dell’Ucraina come figlia delle manie di grandezza di Putin e della sua ambizione di ricostituire il dominio imperiale della Russia zarista e dell’Unione Sovietica.

Da quando è diventato presidente della Russia all’inizio del secolo, Putin ha gradualmente aumentato la concentrazione del potere nelle sue mani, diventando sempre più autoritario. Questo processo si è accelerato dopo la sua rielezione alla presidenza nel 2012, dopo il periodo intermedio durante il quale era stato formalmente sostituito in quel ruolo dalla sua controfigura Dmitry Medvedev, pur continuando a tirare le fila dalla poltrona di primo ministro.

Di fronte alla massiccia opposizione al suo ritorno, Putin si è sentito minacciato dalla prospettiva di una “rivoluzione colorata” sponsorizzata dall’Occidente contro il suo governo. Ha invaso e annesso la Crimea per rafforzare la sua legittimità, sapendo quanto sarebbe stata popolare in Russia.

Il suo successo in questa impresa e la relativa moderazione della reazione occidentale – insieme all’effetto del suo prolungato autoisolamento per paura di contrarre il COVID – lo hanno portato a prevedere un ulteriore passo avanti nell’assecondare il nazionalismo russo sottomettendo l’Ucraina. Ha cercato di farlo invadendo l’Ucraina e finora ha fallito miseramente a causa della resistenza del Paese che ha superato ogni aspettativa.

Il sangue freddo deve prevalere… altrimenti

Quale di queste due narrazioni è giusta? La risposta oggettiva a questa domanda è: entrambe. Sono entrambe vere e non c’è contraddizione tra loro, anzi si completano a vicenda. Questo perché il comportamento di Washington dopo la guerra fredda ha fornito le condizioni perfette per la crescita del revanscismo russo che Vladimir Putin ha incarnato.

Dove ci porta il riconoscimento di queste due serie di fatti per quanto riguarda il proseguimento della guerra? Non c’è dubbio che la responsabilità principale dell’attuale tragedia ricada sulla Russia. La sua invasione dell’Ucraina è stata immotivata e apertamente premeditata.

Presumendo che Putin avesse creduto che la maggior parte degli ucraini avrebbe accolto con favore la sua “operazione speciale”, avrebbe dovuto cancellarla e ritirare le sue truppe non appena fosse stato chiaro che si era sbagliato. Invece, ha impantanato le forze armate del suo Paese in una lunga guerra assassina e distruttiva nell’Ucraina orientale.

La Russia deve ritirare le sue truppe al punto in cui si trovavano prima del 24 febbraio 2022. Per quanto riguarda la Crimea e le parti del Donbas controllate dalle forze anti-Kyiv sostenute dalla Russia dal 2014, il loro status dovrebbe essere risolto con mezzi pacifici e democratici compatibili con la Carta delle Nazioni Unite, insieme al dispiegamento di truppe ONU nei territori contesi.

Il mondo non può permettersi una nuova guerra mondiale per ripristinare queste regole. La nuova guerra fredda, lanciata da Washington meno di un decennio dopo la fine della prima e ora incarnata dall’invasione omicida dell’Ucraina da parte della Russia e da un pericoloso tintinnio di sciabole intorno a Taiwan, deve finire prima che porti all’Armageddon.

23/0272023

Tratto da: www.theconversation.com

NOTE

  1. I sette paesi sono: Romania, Bulgaria, Slovacchia, Slovenia, Lettonia, Lituania, ed Estonia. [NdT]
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