A quanto pare, a partire dal Piemonte, sta scadendo pure il secondo tempo concesso alle scaramuccie territoriali in cui i (non ancora) firmatari di seconda linea stanno occupando un pezzo di campo della vertenza manutenzione infrastrutture, con quella sprovveduta resistenza alla stipula di accordi DOIT che appare sempre più esclusivamente il tentativo di tenere con lo sputo i cocci delle loro compagini nazionali dopo il tradimento del 10 gennaio ’24.
In effetti questi pseudo resistenti di seconda fila sono nella più assurda inanità di fronte al pieno arbitrio aziendale post 3 giugno: ci sarà un limite al bieco tergiversare di queste seconde linee, e la possibilità che prendano atto della enorme mobilitazione dei ferrovieri della manutenzione, rivolta contro le condizioni di lavoro e di vita imposte dal 10 gennaio ’24? Domande retoriche a cui non dedicheremo altre righe di risposta.
Una mobilitazione in marcia da oltre sette mesi contro la svolta del 10 gennaio e, ormai, per la rimessa in discussione più complessiva delle logiche di deregolamentazione e ultraflessibilizzazione (a costo economico zero per RFI ma a altissimo costo in termini di salute e sicurezza per i lavoratori) dell’orario di lavoro che hanno informato la pletora di accordi sindacali, nazionali e territoriali nel ventennio trascorso, spianando la strada alle assurde pretese di quest’ultimo infame accordo nazionale. E’ bene evidenziare che il combinato disposto del “10 gennaio” e delle successive disposizioni societarie su reperibilità e mansioni, costituisce già l’impianto normativo di riferimento contrattuale per il settore che come tale sarà integrato nel prossimo imminente rinnovo.
Questo mentre in RFI (e nelle centrali sindacali firmatarie) si confermano gli annunci dell’a.d. Strisciuglio sull’apertura di tavoli negoziali con le categorie contrattuali delle imprese appaltanti: con buona pace del CCNL Attività Ferroviarie che fu e rimase lettera morta per i 25 anni della sua inutile (per i lavoratori) esistenza. Bene dunque lo sviluppo e il consolidamento della relazione vertenziale tra tutti i ferrovieri dell’esercizio operativo, su obiettivi contrattuali base come la riduzione dell’orario di lavoro e forti incrementi stipendiali e salariali, per il ripristino di effettive tutele per la salute e la sicurezza, il tempo di riposo e il tempo libero delle persone lavoratrici. E’ bene anche, a questo punto, che si faccia chiarezza sulle posizioni a effettivo sostegno della lotta dei ferrovieri della manutenzione infrastrutture; soprattutto laddove, ci sembra, persistano indugi sull’affidamento ai sindacati firmatari (fossero anche gli pseudo resistenti delle DOIT non ancora firmatarie che promettono ricorsi allo Statuto dei Lavoratori contro il mostro normativo creato dai loro della prima linea) di possibili soluzioni della vertenza in corso.
Chi, il 10 gennaio scorso, ha lasciato campo a pretese padronali di stampo neo ottocentesco; chi si ostina a ignorare il danno alla democrazia rappresentato da RSU/RLS decadute da due mandati consecutivi (dicembre 2018) e a impedirne il rinnovo; chi ha impedito per anni la presa di parola dei lavoratori, ostacolando la libera partecipazione assembleare alla contrattazione delle loro condizioni di lavoro; chi non si fa convinto, nemmeno davanti alla serie continuata di ammazzati sul lavoro nei cantieri di RFI, di aver sbagliato tutto, concedendo al padronato (pubblico e privato) quello che della vita dei lavoratori doveva rimanere indisponibile alla contrattazione; ebbene, costui è il problema e non potrà essere anche una soluzione.
La soluzione sta nella revoca dei vigenti accordi di settore (a partire dal 2004), nella transitoria applicazione di quanto previsto contrattualmente per la variazione multiperiodale delle prestazioni di lavoro (1.2, art 27 CCNL Mobilità/ACAF) e nella riapertura di tavoli negoziali in cui i lavoratori siano effettivamente rappresentati e nell’effettiva facoltà di partecipazione diretta alla contrattazione attraverso il sistema assembleare. La soluzione in definitiva sta nelle scelte che i lavoratori possono decidere di fare: nella loro volontà di consolidare la forza che sono riusciti a esprimere in sette mesi di mobilitazione; nel loro impegno per il ripristino della democrazia sindacale come condizione preliminare a ogni possibile rivendicazione dei propri interessi. Adesso è l’ora!
USB Lavoro Privato - Attività Ferroviarie